Garattini: vaccini, per ora sola annunciati

Era il 21 Febbraio 2020, quando nelle nostre vite è entrato prepotentemente il virus di Wuhan. Da quel giorno le giornate sono state scandite da notizie che riguardavano esclusivamente il contagio. Ogni giorno venivano comunicati numeri che riportavano l’andamento dell’ epidemia che si traduceva in contagi giornalieri, i decessi, i positivi, i guariti, i dimessi dagli ospedali. Abbiamo imparato ad utilizzare e fraternizzare con termini medici sconosciuti.

In questo susseguirsi di notizie o talk show nei quali sfilano virologi che dispensano raccomandazioni e consigli, finalmente la notizia, che tutti aspettavamo dall’inizio della pandemia: l’arrivo del vaccino.

Tre grandi case farmaceutiche renderanno disponibile dall’inizio del 2021 dosi che permetteranno di riprendere in tutta sicurezza il lavoro, la scuola, i viaggi. Dovrebbe essere una bella notizia sapere che finalmente esiste qualcosa al di là delle mascherine, del distanziamento sociale che dia un colpo definitivo alla pandemia. Purtroppo non sembra essere così, dalla notizia dell’arrivo del vaccino anti-Covid, la confusione che è stata un elemento costante nella gestione dell’emergenza sanitaria, si è aggiunto un nuovo elemento che genera in molti italiani ansia e preoccupazione che si traduce in una domanda: “Quanto sarà utile vaccinarsi e sarà sicuro?” I vari immunologi che appaiono spesso in televisione o rilasciano in interviste affermano di non avere ancora dati certi su quanto sia l’efficacia dei vaccini e quanto sia il livello di sicurezza, creando sospetto, incertezze, dubbi e tanta paura.

Alpimediagroup ha avvicinato il professore Silvio Garattini, uno dei più illustri e stimati farmacologi, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, per fare chiarezza e aiutare i molti italiani sempre più dubbiosi e perplessi sulla sicurezza di questi medicinali preparati in tempi così veloci.

I vaccini anti-Covid risultano tre: quello prodotto da Astra Zeneca, quello di Moderna ed infine Pfizer-Biontech. Saranno efficaci nel combattere la pandemia?

Questi risultano essere i vaccini più avanzati anche se ne esistono ben 42 in ricerca clinica; dobbiamo aspettarci, che ne verranno molti altri in tempi successivi. Se i vaccini saranno efficaci nel combattere la pandemia lo sapremo soltanto quando saranno pubblicati i dati. Finora è stata pubblicata la Fase 2, i dati riportati in questa pubblicazione sembrano interessanti, però è necessario avere tutti i dati completi.
Quando si parla di vaccino ci dobbiamo porci alcune domande come: “quando un vaccino è da considerare veramente attivo?” Prima di tutto occorre sapere qual è la composizione della popolazione che è stata testata, sapere se sono presenti un numero significativo di soggetti più a rischio come gli anziani e gli anziani che presentano malattie croniche, perché sono questi i soggetti che muoiono a causa dell’infezione da Covid 19. 

Quali sono gli effetti collaterali? Al di là di quelli banali, ci sono effetti gravi e siccome occorrerà vaccinare miliardi di persone è chiaro che questo diventa un punto importante. Chi si vaccina non deve essere soggetto ad effetti di tipo tossico.

Un altro aspetto da valutare, quale è la durata? Non lo sapremo immediatamente. Se l’effetto durerà qualche mese o se durerà un anno. Solo il tempo può dare questa risposta.

Quali sono i parametri sui quali è stato studiato? Un conto è dire che produciamo anticorpi un altro è documentare che diminuisce il numero degli ammalati gravi e la mortalità. Tutte queste risultanze sono necessarie per poter dare un giudizio. 

Dalle indicazioni che abbiamo ricevuto fino ad oggi, destano speranza quindi speriamo che presto ci siano le pubblicazioni. Non servono comunicati stampa delle aziende farmaceutiche. È necessario avere dati e pubblicazioni accessibili a tutti e sui quali poter commentare. Questo è ciò che dovrebbero chiedere i Governi, perché gli studi e la ricerca per realizzarli sono stati effettuati anche con soldi pubblici. Per effettuare queste ricerche per la realizzazione dei vaccini sono stati pagati miliardi di euro, dato che sono stati utilizzati soldi pubblici, è un diritto del pubblico conoscere quale sia il risultato raggiunto. Questo anche per evitare che gli enti regolatori preposti, cioè quelli che poi dovranno decidere se il vaccino sia valido oppure no, non subiscano la pressione dell’urgenza, la pressione dell’interesse economico, o siano pressati dalla politica. Dobbiamo essere sicuri perché la vaccinazione è un’operazione importante e riguarda miliardi di persone non è possibile considerarla come un qualcosa di scarsa importanza.

Molti virologi sono scettici nell’utilizzarli, forse per i pochi dati pubblicati relativi alla sicurezza e all’efficacia. Secondo lei in che modo i tre vaccini agiranno sull’infezione? Quali sono i criteri di sicurezza che un vaccino deve contenere?

Io credo che esista un problema di comunicazione. Tutti i ricercatori chiedono di vedere e conoscere i dati. Però dipende molto da come ci si esprime. Faccio un esempio: “Se una persona dice: Io non mi vaccinerò fin quando non avrò i risultati” un altro dice “Io mi vaccinerò quando avrò i risultati” sono messaggi che dal punto di vista della comunicazione sono completamente diversi. Uno è un messaggio negativo e rafforza l’idea di quelli che non si vogliono vaccinare, l’altro invece è un messaggio positivo, però nella sostanza tutti e due dicono la medesima cosa. Ciò che è necessario è vedere i dati, ma anche il modo in cui lo si dice, può generare confusione. Mi auguro che si capisca che le parole abbiano un significato e che tutti dobbiamo stare molto attenti a ciò che diciamo. Generare confusione nella gente non aiuta. Secondo me esistono due pericoli sul tema vaccini. Uno è il pericolo di affermare “abbiamo il vaccino pensando che basti” mentre la cosa che dobbiamo dire e ripetere continuamente che ad oggi gli unici mezzi che abbiamo a disposizione per difenderci dal contagio sono: l’utilizzo delle mascherine, il lavaggio frequente delle mani, il distanziamento sociale ed evitare assemblamenti.

Questo è il comportamento corretto per non diffondere il contagio. L’altra cosa sono i continui comunicati emessi dalle aziende farmaceutiche, perché creano sfiducia nella gente che è solo dannosa. I sondaggi già riportano che circa il 30 per cento della popolazione non intende vaccinarsi o vuole aspettare perché non si sente sicura. Bisogna stare attenti a non generare sfiducia nelle persone.

Il vaccino si calcola che deve proteggere almeno il 50 per cento delle persone trattate, questo è l’obiettivo che si prefigge. In questo 50 per cento devono essere presenti le persone anziane, anziane con patologie perché questo è quello che determina poi la strategia e le priorità. Faccio un esempio per spiegarmi meglio: se ho a disposizione un vaccino che nella sperimentazione ha presente tutta la popolazione reale, con una forte percentuale di anziani (come nel nostro paese) tra questi anziani anche soggetti con malattie croniche, la mia strategia sarà quella di cominciare a somministrare il vaccino negli anziani. Se nella composizione della popolazione che ho testato sono presenti in maggioranza i giovani è difficile pensare di iniziare a vaccinare gli anziani perché, nella sperimentazione, non sono stati testati. In questo caso comincerò a vaccinare i giovani perché non infettino gli anziani. Le modalità con cui vengono fatti gli studi sono importanti per decidere quali saranno le priorità. L’obiettivo di chi studia il vaccino contro questa pandemia è raggiungere almeno il 50 per cento di protezione.

Secondo lei come dovrebbe essere impostata l’organizzazione per effettuare una vaccinazione di massa della popolazione. Considerando le diverse modalità di conservazione?

Nei giorni scorsi ho letto un articolo su come la Germania si sta organizzando. In Germania, per esempio, hanno stabilito nei vari Land (per noi sono come le nostre regioni) quanti saranno i centri che devono vaccinare le persone, come devono essere costituiti, cosa devono avere, come chiamare la gente, chi farà le vaccinazioni, stanno stilando una serie di dettagli e impostano le modalità per effettuare le vaccinazioni alla popolazione. Queste sono cose che devono essere sviluppate per tempo anche da noi e non aspettare l’ultimo momento. Ad esempio: c’è un vaccino tra quelli testati che deve essere conservato a meno 70 gradi. È un problema, non sarà semplice mettere in campo tutta una serie di modalità è impensabile attendere l’ultimo momento per procedere alla distribuzione senza le dovute precauzioni. Uno degli appelli che occorre fare al Governo è non fare annunci senza essere sicuri poi di poterli sostenere. Abbiamo già visto nel corso della pandemia alcune mancanze come le mascherine, i tamponi, i banchi nelle scuole. Le date si fa presto a dirle realizzarle è sempre molto complicato. Si è visto con il vaccino antinfluenzale ripetevano “bisogna farlo”, ma il vaccino non è in distribuzione. Bisogna tenere presente, “non basta fare gli annunci bisogna farli quando si è sicuri che quanto serve sia a disposizione”. Occorre capire chi, come, dove, quando fare le cose, perché con le buone intenzioni molto spesso non si riesce a portare a termine le cose che si devono fare. Come dice un famoso detto “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Teniamolo presente”.

Quale sarebbe una percentuale utile per ottenere una valida immunizzazione nella popolazione?

Questo non lo sappiamo per il Covid-19. Si calcola in generale che dovrebbe essere tra il 60 – 70 per cento ma non è detto, gia diminuire del 50 per cento sarebbe un risultato enorme, vorrebbe dire che il contagio si dimezza quindi un grande vantaggio. Magari se si usano due dosi, come si è potuto leggere da qualche dato preliminare presentato, effettuare un iniezione e fare una seconda dopo 15 gg aumenta l’efficacia. Soprattutto nelle persone anziane. Qui abbiamo un lavoro già pubblicato.

Che cosa pensa di una obbligatorietà alla vaccinazione?

Secondo me è un discorso preliminare. L’obbligatorietà presume di avere il vaccino per tutti. Quando lo avremo è difficile dirlo, può darsi con l’inizio dell’anno. Per dire che è obbligatorio occorre avere dosi per 60 mlinioni di italiani. Non è facile e non arriverà in tempi molto brevi. Le persone che si stanno occupando di questo problema affermano ci vorrà tutto l’anno 2021.

Che cosa sono gli anticorpi monoclonali, di cui si parla tanto oltre al vaccino? Cosa ne pensa del loro utilizzo?

Il vaccino è un sistema preventivo e si utilizza per le persone che non hanno la malattia, è indirizzato prevalentemente a chi non ha il contagio. Gli anticorpi monoclonali sono delle terapie e vanno applicati a chi ha sviluppato il contagio o la malattia. Sono delle proteine che possono essere fabbricate industrialmente e che sono in grado di agire su altre proteine, per intenderci le punte con il quale viene disegnato il virus. Gli anticorpi monoclonali agiscono su queste punte e questo impedisce al virus di prendere contatto con le proteine delle membrane presenti nelle cellule e quindi avere facile accesso nella cellula. Il virus non si può riprodurre in modo autonomo per farlo ha bisogno di entrare nelle cellule, questi anticorpi hanno lo scopo di impedire la penetrazione impedendo la riproduzione del virus. Questo è il lavoro che compiono gli anticorpi monoclonali sono in grado di impedirne l’entrata nelle cellule. Gli anticorpi monoclonali sono creati con lo scopo per colpire altre parti delle proteine che compongono il virus ma possono essere disegnati anche per agire sulle proteine della membrana delle cellule che rappresenta un altro modo per impedire il contatto con il virus. Il vantaggio è che possono essere prodotti industrialmente e quindi sono la via più moderna rispetto a alla somministrazione del plasma di malati convalescenti, quest’ultimo è un vecchio sistema, e non è a disposizione di tutti. Inoltre, con gli anticorpi monoclonali, noi introduciamo solo le proteine necessarie. Il plasma super-immune ha una produzione limitata mentre la produzione degli anticorpi monoclonali è una fabbricazione che si può effettuare in grandissima quantità, anche se il prezzo della produzione degli anticorpi è elevato e può rappresentare un problema che può essere contrattato e discusso. Inoltre, gli anticorpi monoclonali hanno dei livelli di attività più elevati e si possono aumentarne le dosi non è così per il plasma. Tra la terapia monoclonale e il super- immune sarebbe meglio la prima. Alla terapia monoclonale si sta lavorando un po in tutto il mondo anche in Italia, a Siena, esiste una multinazionale inglese la Gsk, che sta operando su alcuni di questi anticorpi monoclonali e li sta sviluppando e dovrebbero raggiungere dei risultati significativi per la fine di Marzo.

(immagine Prof. Silvio Garattini – presidente Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri)

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